Salvatore Olivieri Logo

Il silenzio e il vuoto delle mie ombre


Questa newsletter è il diario di viaggio che ho creato per condividere periodicamente contenuti, risorse e retroscena del mio percorso introspettivo per aiutarti a conoscere te stesso e avere più chiarezza!

Ecco cosa stiamo per vedere insieme:

  • Il paradigma del padrone-creatore: 7 step per un’esistenza felice (e fuori dall’ordinario)
  • Un’intera pagina del mio diario di viaggio introspettivo dove dialogo con le mie ombre e condivido strumenti pratici per aiutarti a navigare la tua interiorità
  • Ispirazione e lezioni di vita da Jean-Baptiste Alaize su (letteralmente) l'impossibile
  • La mia intera strategia di investimento di lungo termine per riuscire ad essere completamente indipendente
  • 4 insegnamenti tratti dal mio viaggio a Gran Canaria

Come vivere un’esistenza felice (e fuori dall’ordinario)

Quest’oggi ho preparato per te un articolo estremamente delicato ed importante.

Al suo interno parlo di come sia possibile perseguire la felicità e vivere un’esistenza straordinaria.

Prima di proseguire nella sua lettura però voglio avvertirti: questo non è un post come un altro.

Non ti parlerò della legge di attrazione, della pnl, del potere del pensiero positivo e nemmeno della strategia numero uno del “cambia i tuoi pensieri e cambierai la tua vita”.

Non perché io non creda in queste cose (ok, in parte è anche per questo) ma perché sono argomenti che sono stati presi ed utilizzati dalla maggior parte dei formatori come una panacea dell’esistenza: Ovvero un anestetico per tutti i male.

Qualcosa non va? Ehi pensa positivo.

Vuoi cambiare la tua vita? Io sono il tuo guru, guarda è semplice: Basta cambiare pensieri.

Nulla di più lontano dalla realtà.

Vivere un’esistenza straordinaria e perseguire la felicità per me significa tutt’altro e in questo articolo te ne parlerò mostrandoti il mio personale paradigma.

Diario di viaggio introspettivo | “Il silenzio e il vuoto delle mie ombre”

Sono le 10:03, lo psicologo mi invita ad entrare.

Sorrido e lo seguo.

“Solita stanza?” Chiedo. Annuisce.

Entro, mi siedo, fa lo stesso e poi: Silenzio.

Sono in imbarazzo, perchè nessuno parla? Perché nessuno proferisce parola?

Mi sento assalire da un senso di disagio e inizio a chiedermi se sto facendo qualcosa di male.. dovrei parlare? Cosa potrei dire? Accuso me stesso per non essere preparato.

Sono seduto lì dentro da poco più di 120 secondi e ho già visto in azione alcuni condizionamenti della mia mente, semplicemente stando seduto in silenzio in una stanza con una persona che non conosco.. Che figata!

Dopo 180 secondi decido di rompere il silenzio e, con un po’ di timore, chiedo: “Devo parlare a ruota libera io vero?”

Con un tono di voce freddo e distaccato mi da del “Lei” e pronuncia le seguenti parole: “Si ricorda quanto le ho detto l’ultima volta?”

Sono passati più di 3 mesi, è la mia prima vera seduta dopo i primi 4 colloqui conoscitivi. La risposta è affermativa: Mi ricordo le regole che mi aveva illustrato.

Da adesso lui sarò una figura imparziale che mi ascolterà senza interferire con i miei monologhi. Dovrò proferire parola sviscerando tutto quello che mi passa per la testa.

Sembra interessante, però cazzo mi aspettavo almeno un inizio un minimo più accogliente, tendenzialmente non entro in una stanza con uno sconosciuto iniziando a fare il logorroico.

Beh c’è sempre una prima volta.

Rispondo in modo affermativo alla sua domanda e parlo proprio dell’imbarazzo che ho provato pochi secondi prima, alternando momenti di risate per alleggerire l’accaduto e rispetto per il mio stato d’animo.

In quel momento si crea una sorta di processo alchemico, un cambiamento biochimico interiore. Il disagio che ho provato si mischia alla genuinità che io stesso ho evocato con le mie risate e con il mio modo di fare leggero e spensierato.

Ho comunicato a me stesso: “È vero ero un po’ in imbarazzo, lo rispetto, lo accetto e ora mi faccio anche una piccola risata, in fondo che problema c’è”.

Lui non dice niente, resta impassibile.

Ha reale interesse per quello che sto dicendo? Me lo sono chiesto spesso durante i monologhi che ho portato in essere durante quei 48 minuti.

Pensandoci poi ho capito che è una domanda sbagliata e poco efficace in partenza. Perché? Beh ragioniamo.

Perché sono lì? Per chi sto realmente parlando? Per lui? O per me stesso?

Per me stesso. Bene.

E a cosa serve parlare per me stesso in un ambiente imparziale dove non ricevo alcun consiglio, nessuna reazione di alcun tipo, se non qualche cenno tipo “mmm”? A cosa diavolo serve?

Questa è una domanda che ha fottutamente senso! Bravo Salvatore per averla formulata (auto-cinque!)

Ecco la risposta: Serve dannatamente tanto!

Quando parli lasciando fluire senza filtri, vincoli o costrizioni dai voce al tuo potenziale inespresso, lasci spazio alle tue ombre e ai tuoi demoni affinché siano. Semplicemente siano.

Vedi molto spesso iniziamo a nascondere tutto ciò che è ritenuto cattivo o immorale dalla società, tutto ciò che è disapprovato dalla nostra famiglia o dai nostri pari, tutti i tratti che quando espressi inizialmente erano ridicolizzati, evitati o sottoposti a punizione.

Carl Jung definiva queste cose il nostro lato oscuro inconscio.

Sempre secondo il buon Carl l'obiettivo corretto di un individuo è la completezza, non la perfezione.

Il percorso verso un personaggio più grande, verso un approccio più efficace alla vita, sta nell'integrare quegli elementi della nostra psiche che per troppo tempo sono stati repressi e negati.

Parlare e lasciare riecheggiare il silenzio ti da modo di fare tutto questo poiché puoi reagire con accettazione, puoi conciliare con amore queste parti di te che hai ripudiato e puoi ascoltare l’eco di quello che stai dicendo.

Un po’ come ho fatto io ascoltando il giudizio nei confronti di me stesso dopo neanche due minuti che ero seduto con il terapeuta.

Ti invito a fare lo stesso. Oggi chiuditi in una stanza, pensa a tutti i lati di te che hai voluto occultare e parla per dieci minuti a ruota libera, senza giudizio, senza freni inibitori, non esiste giusto e sbagliato, concilia con amore le tue ombre, sono parti di che hanno bisogno di amore e accettazione.

Porta luce a questi lati di te.

“Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi di nuovo: questa è la vita ed io l’ho imparato prima degli altri.”

L’altro giorno ho guardato su netflix un documentario sulle paralimpiadi.

Si intitola “Riser Phoenix”.

Al suo interno vengono raccontate le storie e le difficoltà di diversi atleti.

Una, più delle altre, ha catturato il mio interesse.

Sto parlando della storia di Jean-Baptiste Alaize.

Desidero condividerla qui di seguito.

Jean-Baptiste è nato in Burundi ed è un sopravvissuto della guerra civile.

Ha perso la gamba destra ed ha sofferto un’infanzia traumatica, vedendo brutalmente la madre morire a colpi di machete.

Dopo anni in un orfanotrofio, viene adottato da una famiglia francese, lì cresce e inizia ad approcciarsi allo sport, vedendolo come uno strumento per scappare dal suo passato.

“Perchè corro e salto? È un modo per scappare da quello che mi è successo”

Storie come queste mi riportano con i piedi per terra.

Troppo spesso perdo il contatto con la realtà, dimenticando cosa c’è fuori dal mio ecosistema fatto di sicurezze, comfort e tranquillità.

Il bisogno come il desiderio si palesa di fronte ad una mancanza, penso sia davvero prezioso ricordarsi di non dare per scontato nulla e avere cura di ciò che si ha, esponendosi a queste storie e praticando gratitudine.

“Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi di nuovo: questa è la vita ed io l’ho imparato prima degli altri.”

Sebbene possano sembrare concetti banali, detti e ridetti migliaia di volte, desideravo tanto lanciare questo messaggio e condividere con chi non lo conoscesse questo documentario.

Guardarlo significa letteralmente esporsi all’impossibile: è davvero life-changing.

Investimenti, mercati e filosofia

Troppo spesso la crescita personale rischia di diventare intangibile e sembrare un cumulo di supercazzole astratte e poco applicabili.

L’indipendenza intellettuale, lavorativa e di vita viene conquistata day by day attraverso delle scelte, delle azioni e delle abitudini virtuose.

Quali?

Te ne parlo periodicamente in questa parte dedicata alla vision, alle ambizioni e al dietro le quinte della mia vita.

Oggi parliamo di investimenti!

Non ti parlerò delle solite banalità: Ho una tesi interessante da esporti.

Dividerò le mie argomentazioni in 3 parti:

  1. Prodotti che compri: Futuro che crei
  2. Investimenti ed antropologia
  3. La logica del patient investor

Partiamo.

Prodotti che compri: Futuro che crei.

Uno dei più grandi assiomi legati al mondo della crescita personale riguarda il fatto che dobbiamo assumerci la responsabilità della nostra vita, punto.

È il primo e più grande principio per cambiare la nostra vita.

I motivi sono molteplici ed oggi voglio esplorarne uno insieme a te (a tratti contro intuitivo) legato alle nostre abitudini di acquisto.

Hai mai pensato che le più grandi rivoluzioni sociali possono essere fatte intervenendo e controllando le cose che compriamo quotidianamente?

Pensaci.

Il mercato non è altro che l’incontro tra la domanda e offerta.

Se la razza umana smettesse di volere sigarette, smetteremmo di produrle e, allo stesso modo, più la richiesta aumenta, più aumenta la produzione.

Il mondo muterà a nostra immagine e somiglianza se in massa cambieremo le domande (tema ricorrente nel mio blog) che poniamo ad esso.

Altroché diritto di voto, questo è il nostro vero potere.

Ricorda:

Prodotti che compri, futuro che crei.

Investimenti ed Antropologia

Dopo questo assioma di partenza legato al senso di responsabilità possiamo parlare di antropologia.

Perché antropologia e cosa ha realmente a che fare con gli investimenti?

Lascia che ti spieghi.

L'antropologia è una branca scientifica che studia l'essere umano sotto diverse prospettive (sociale, culturale, morfologica, psicoevolutiva, sociologica, artistico-espressiva, filosofico-religiosa), indagando i suoi vari comportamenti all'interno della società.

Poiché l’atteggiamento di ognuno di noi influenza la domanda e l’offerta, studiando riusciremo a comprendere cosa influenza l’economia ed i mercati.

Ma che cos’è il mercato? Diamo una definizione anche a questo.

Il mercato è l’espressione della natura biologica umana dove (come dicevamo) la domanda (i bisogni delle persone) influenza l’offerta (i prodotti e servizi che vengono erogati e che di conseguenza consumiamo).

Ora che possediamo piena consapevolezza del quadro generale e che vediamo l’antropologia come una diramazione dell’economia, diventa facile vedere gli investimenti come una cosa che riguarda ognuno di noi.

Come possiamo approcciarci ad essi? Come li adopero e qual è la mia personale strategia?

Lascia che ti racconti.

La logica del Patient investor

Qualche settimana fa ho acquistato un corso di finanza personale dedicato proprio agli investimenti.

Il suo nome è “the patient investor” e parla proprio di questi principi che abbiamo visto applicati ad una mentalità di lungo termine.

Seguirlo mi è stato molto utile perchè insieme alla mia attuale strategia di accumulo (di cui ti ho parlato nell’episodio 6 ho iniziato a fare 3 cose:

  1. Titoli azionari: Sto accumulando dei titoli azionari di aziende in cui credo che cresceranno e che penso possano creare un impatto positivo nella società.
  2. Cripto: Sto studiando il mondo delle criptovalute e in qualche mese investirò su di esse.
  3. Equity: Proprio ieri ho investito in startup acquisendo delle equity di una startup italiana legata al turismo che mi sta molto a cuore.

La costante di queste 3 cose è:

  1. La pazienza: Le azioni che intraprendi oggi non produrranno le conseguenze che vedi oggi, sto lanciando degli input che daranno i loro frutti da qui a 5-10 anni.
  2. L’etica: In tutte le cose in cui investo desidero creare e dar vita al futuro che vorrei.
  3. Il profitto: Infine ovviamente il guadagno, ultima ma non meno importante.

Sono partito parlando del nostro senso di responsabilità perché questo ci rende dei padroni-creatori consapevoli della realtà.

Ogni decisione che prendiamo d’ora in avanti deve moralmente considerare il nostro ruolo di persone artefici del nostro stesso destino e del futuro della società e della razza umana.

Spero di averti dato qualche piccolo strumento, se desideri comunque approfondire dai un’occhiata al corso di Steven.

4 Insegnamenti tratti dal mio viaggio a Gran Canaria

Salvatore Olivieri e Gabriele Ghezzi

(Con il mitico Gabriele Ghezzi)

Sono passati quasi cinque mesi dal mio viaggio a Gran Canaria.

Come ho raccontato in questo articolo) è stato un viaggio estremamente simbolico che mi ha permesso di armonizzare due lati di me in conflitto.

Una parte che voleva ignoto e avventura, ed un’altra che desiderava quiete e stabilità.

Quanto è affascinante questa dicotomia? Esplori mai i lati in conflitto che dimorano dentro di te?

Questo viaggio però mi ha lasciato molto di più. Salutando quell’isola ho portato con me quattro insegnamenti molto importanti che desidero condividere con te qui di seguito.

Partiamo dal primo.

La fragilità del dialogo con gli sconosciuti

Amo parlare con gli sconosciuti, è come entrare in una libreria, girare tra gli scaffali e aprire dei libri a caso: Le persone sono straordinarie.

Tuttavia ho sperimentato che non saprai mai quando sarà l'ultima volta che parlerai con qualcuno.

Alcune persone che ho conosciuto in aeroporto chissà se le rivedrò mai più.

Da allora cerco di dare valore ad ogni momento.

Ecosistema VS Gruppo di amici

17 Giugno - ore 23:29

Sono a Playa Grande e mi confronto con i miei compagni di viaggio, riguardo a relazioni, ecosistemi e gruppi di amici.

Quello che ne esce fuori è una tesi molto interessante, la seguente:

Non è il gruppo di amici a favorire gli scambi e le conoscenze con altri individui, bensì gli ecosistemi a cui ti esponi, che corrispondono ai tuoi interessi e passioni e quindi ti portano a conoscere persone in sintonia con te.

La domanda diventa quindi: A quali ecosistemi esporsi?

Porto spesso con me questo quesito.

Relation over everything

Avevo prenotato questo viaggio da solo, proprio perché volevo affrontare in completa autonomia questo ammutinamento interiore che stavo vivendo.

Ciononostante avevo comunque invitato i miei amici che, dopo circa un mesetto, si sono uniti a me.

Sono certo che se avessi fatto questo viaggio completamente da solo non sarebbe stato la stessa cosa.

I viaggi da soli sono importanti, ma più tra tutto sono importanti le relazioni e le persone con le quali passi il tempo e condividi scambi e momenti.

Mi ritengo molto fortunato.

Que pasa nada

Questa è la filosofia del lasciare andare con armonia e leggerezza tipica del popolo spagnolo.

Chiudo questo episodio con questo insegnamento.

Lascio andare con armonia e leggerezza questa lettera.

Questo insieme di parole che ho creato smette di appartenermi. Anzi non mi è mai appartenuto. Non parla di me, parla del viaggio introspettivo di ognuno di noi.

Con essa lascio andare qualsiasi tipo di timore per il giudizio altrui, mi mostro per quello che sono, mi sento genuino e spontaneo.

Salvatore.